Se avete già letto questa rubrica, potete saltare l’introduzione. Se non l’avete mai letta, potete saltarla ugualmente. Tanto chi si è mai fermato a leggere l’introduzione di qualcosa?

Introduzione

Ognuno di noi almeno una volta nella vita, anche solo per provare, si è imbattuto in qualche modo in un libro di storia: c’è chi l’ha fatto per interesse e chi perché costretto dai servizi sociali, c’è chi l’ha fatto per passione e chi invece avrebbe preferito essere il bersaglio durante una gara di sputi.

In ogni caso, ad ognuno di noi la storia ha lasciato qualcosa. Chi, per esempio, non ha mai utilizzato l’espressione “è stato più facile dell’invasione della Polonia” come termine di paragone delle proprie esperienze quotidiane? Chi non ha mai avuto un’animata discussione con gli amici al bar, possibilmente dopo il quinto negroni, sul fatto se sia o no vero che Gabriele D’Annunzio si fece asportare due costole e sui quali fossero le motivazioni che avrebbero spinto il Vate ad un tale scelta?

Perché la storia è anche questo: accanto ai grandi eventi e ai grandi personaggi ci sono aspetti della storia curiosi, comici, drammaticamente comici, dubbi o puramente e semplicemente ignoranti.

Con questa rubrica vogliamo ripercorrere in modo alternativo quella grande narrazione che ha portato la razza umana dal disegnare sulle pareti delle caverne a ballare in modo scomposto su TIK TOK (NDR, anche se a scrivere è una sola persona, per questa rubrica verrà utilizzato un decontestualizzato  plurale maiestatis ).

Vi auguriamo una buona lettura e ricordate sempre: mai invadere la Russia d’inverno!

Bottiglie e battaglie: La “battaglia” di Karánsebes

Tempo fa girava un simpatico post su FB che faceva pressappoco cosi: “quando dici a tuo nonno che stasera c’è in tv la partita Austria- Ungheria e lui ti risponde contro chi”.

Bene, quella che vi racconteremo oggi è la storia della battaglia in cui l’esercito austro-ungarico si trovò a combattere… contro l’esercito austro-ungarico, riuscendo nell’impresa di sconfiggersi da solo.

I presupposti sono quelli tipici di ogni barzelletta: alcool scadente e gente di nazionalità diversa che a stento sa parlare la propria lingua.

Festini notturni

L’incidente avvenne nel periodo della guerra turco-austriaca, tra il 1787 ed il 1791: l’esercito austriaco di Giuseppe II d’Asburgo-Lorena, imperatore del Sacro Romano Impero, combatté al fianco dell’esercito della zarina Caterina II, la Grande, con l’intenzione di respingere l’offensiva da parte dell’Impero Ottomano; il sultano Abdul Hamid I voleva infatti recuperare i territori persi alla Russia durante la guerra precedente.

L’esercito austriaco, composto da circa 100.000 uomini, si era accampato vicino la città di Karánsebes  (oggi Caransebes , nella moderna Romania ). L’avanguardia dell’esercito, un contingente di ussari a cavallo, attraversò il vicino fiume Timiş per cercare la presenza di soldati nemici. Non c’era traccia dell’esercito ottomano, ma gli ussari si imbatterono in un gruppo di gitani, che si offrirono di vendere alcolici ai soldati stanchi della guerra. I cavalieri, con grande spirito di sacrificio, accettarono l’offerta e iniziarono a bere come i dannati.

Vedendo che l’unità di cavalleria non tornava gli ufficiali si preoccuparono e, questa volta, decisero di inviare un reparto di fanteria rumena per scoprire cosa fosse successo loro. L’unità attraversò l’altra sponda del Timis con irrequietezza e trovò gli ussari ubriachi fradici. A questo punto i fanti, vedendo il festino improvvisato, chiesero ai cavalieri ussari di poter avere anche loro dell’alcool e di potersi unire alla festa. Gli ussari, vuoi per la stanchezza, vuoi per la superiorità del corpo militare, vuoi perché erano ubriachi marci, si rifiutarono condividere con loro la preziosa bevanda facendo così scoppiare una rissa, arrivando perfino a costruire fortificazioni improvvisate intorno ai barili di alcool .

A quel punto i fanti, per far fuggire gli ussari, iniziarono a gridare in romeno “I turchi! I turchi!”. Subito il panico si impadronì dei soldati e uno di essi accidentalmente sparò.
Lo sparo innestò una reazione a catena; infatti sia gli ussari che i fanti credevano che i rispettivi compagni fossero dei turchi travestiti da austriaci o da rumeni.

Le unità romene, a cui si erano unite unità lombarde e slovacche, non conoscendo il tedesco capirono il segnale degli ufficiali ed equivocarono l’Halt! degli ufficiali per un Allah! e scambiarono la cavalleria in arrivo per delle equivalenti unità turche che avessero iniziato una carica. Questa cosa, che può sembrarci paradossale, in realtà non era così scontata: l’esercito austro-ungarico comprendeva italiani della Lombardia, slavi dei Balcani e austriaci, più altre minoranze, molte delle quali non riuscivano a capirsi poiché non parlavano una lingua comune.

Austro-ungarici vs austro-ungarici

Mentre la cavalleria correva attraverso i campi, un comandante di corpo pensò che si trattava di una carica di cavalleria dell’esercito ottomano e ordinò il fuoco dell’ artiglieria. Nel frattempo, l’intero campo si è svegliato al suono della battaglia e, invece di aspettare di vedere quale fosse la situazione, tutti sono fuggiti. Le truppe spararono a ogni ombra, pensando che gli ottomani fossero ovunque; in realtà sparavano ai compagni austriaci.

Molti soldati, a quel punto, disorientati e spaventati, raggiunsero la postazione del quartiere generale e dell’imperatore per chiedere cosa fare, ma furono accolti a colpi di spada dalla sua guardia imperiale ed i suoi aiutanti. Nel furioso parapiglia l’Imperatore capitombolò, non si sa come, nel fiume, riuscendo però a raggiungere poi una fattoria dove si rifugiò!

Le vere forze turche arrivarono in città due giorni dopo. Trovarono la città senza difese e ne presero il controllo facilmente.

Nel determinare le perdite, i resoconti di questo incidente non fanno distinzione tra perdite causate dal fuoco amico, e quelle causate dai turchi . Il numero di morti e feriti durante la battaglia che non fu una battaglia varia da poche centinaia fino a circa 10000 tra morti e feriti, oltre alla brutta figura.

Ci vediamo alla prossima storia

Con discreto affetto

Il Biondo